Bad Lambs

La pietà uccide, indebolisce ulteriormente la nostra debolezza. (Honoré de Balzac)

Cos’è un fantasma? E’ qualcosa che persiste nella misura in cui influenza le nostre azioni. I “bad lambì”, gli agnelli cattivi, hanno perso la parte migliore di loro in un incidente stradale. Non tutti se ne rendono conto, ma ognuno è incapace di dire addio al proprio fantasma. Eppure ci provano: sbattendo, perdendo l’equilibrio, tirandosi e spingendosi, spaccando porcellane, correndo, alla ricerca disperata di un posto da chiamare casa, che sia un armadio, una canzone neomelodica, una poesia, il passato.

Bad Lambs non è una bella favola che ammorbidisce una triste verità. Certo, indaga la grazia con cui un individuo accetta qualsiasi trasformazione o perdita. Si nutre di una dignità che non sta nella bella forma, ma negli sforzi che si fanno per inventarne una. Una volontà determina la differenza fra quello che è stato e quello che non è più, seleziona ciò che del passato può essere utile al presente, e se non trova nulla se lo inventa: autoconservazione. Non c’è provvidenza, le forme di umanità hanno tutte la stessa dignità ma nessuno si salva. Non c’è migliore o peggiore, paradiso e inferno sono due modi di chiamare l’eternità aventi la stessa struttura: come la storiografia e un racconto di finzione.

Bad Lambs esplora ciò che possiamo fare quando abbiamo perso tutto: racconta la guerra che l’umanità affronta affinchè la morte diventi tragedia, il rumore musica, un movimento danza, una parola poesia, la vita una avventura.

APPUNTI SPARSI

Una partitura fisica – secondo lo stile inconfondibile di Balletto Civile – per un nucleo allargato di interpreti: Bad Lambs unisce al nucleo stabile alcuni danzatori diversamente abili avviando nuovi processi e incontri. L’immenso lavoro laboratoriste da cui deriva lo spettacolo, consiste proprio nel tentare di amalgamare corpi diversi per trovare un’armonia, un accordo che sia il comune denominatore di un viaggio nel presente. Ci inventiamo una storia.

Da sempre, la relazione è al centro della ricerca di Balletto Civile. Sono convinta che il lavoro creativo attivato dalla relazione sia foriero di grandi sorprese. Ci permette di raggiungere obiettivi insperati nel superamento dei limiti di ciascun interprete. 

Un processo consapevole e cosciente da parte di tutti non  per questo meno osato e forte per tendere a qualcosa di universale che il pubblico possa immediatamente comprendere. Essendo performers e artisti non creiamo alcun metodo terapeutico: per noi l’obiettivo è la scena, lo spettacolo. Questo ci spinge a dare molta importanza al processo. Ci piace raccontare delle storie con il corpo, tutto qui. Ma anche sapere che chi guarda possa sentirsi incluso in queste storie”.

Michela Lucenti

Scarica Scheda Spettacolo

ideazione, coreografia e regia
Michela Lucenti

drammaturgia
Carlo Galiero

assistenza alla creazione
Maurizio Camilli

assistenza alla coreografia
Giulia Spattini

cinematografia
Giorgina Pi/Bluemotion

danzatori
Maurizio Camilli, Giacomo Curti, Ambra Chiarello, Giuseppe Comuniello, Michela Lucenti, Aristide Rontini, Emilio Vacca, Natalia Vallebona, Simone Zambelli

disegno luci
Stefano Mazzanti

costumi
Chiara Defant

una coproduzione
Festival Oriente Occidente, Balletto Civile, Fondazione Luzzati Teatro della Tosse, FuoriLuogo/Centro Dialma Ruggiero

con il sostegno del
MIBACT